domenica 12 settembre 2010

Mr. Tales Coffee - RiCapitolando...


Ci sarebbe voluto Mr. Tales Coffee.
Per risolvere una volta per tutte questa sporca faccenda. E pararmi il culo.
Ma i soldi non crescono sugli alberi, almeno così dicono. Le foglie caso mai. E poi cadono anche quelle, come pesche mature in una mastella di sangrìa puzzolente.
E, manco a dirlo, fu così che cominciò tutto, maledettamente, in quella implacabile e fredda estate del ‘59.
Il fatto è che non ci avevo i soldi per assumere quel figlio di puttana: Mr. Coffee.

Avevo trovato il caro vecchio Stan a fare il morto in un tino da sette tonnellate di Cabernet Sauvignon. Sempre piaciuto alzare il gomito, ma stavolta forse aveva esagerato.
Il prossimo a cui sarebbe toccato quel brindisi, il suo ex socio, ero io.
Mi sarebbe spettato di diritto quella cortesia, lo sapevo già in anticipo. E ora dovevo correre ai ripari, o per lo meno correre svelto.

Ma prima si trattava di disfarsi in qualche modo di quelle sette tonnellate di vino avariato alla cadaverina-putrescina, o non avrei nemmeno avuto da mettere, dico, la benzina nella mia vecchia Chevy.
Riuscii a rifilarle a una ditta italiana di mia conoscenza, roba da import-export, che venne alla svelta con due autobotti ed un tritacarne, e si occupo’ anche, già che c’era, delle onoranze funebri di Stan. Ci ricavai trecento dollari e una specie di macinato grosso in cambio di quello che, in un’altra occasione, sarebbe diventato un grande rosso.

C’era poco da stare allegri… Sparse le ceneri (non sottilizziamo ora) di quello che era stato il mio più caro amico nel suo stagno da pesci-gatto preferito, avevo ormai quasi finito lacrime e benzina. Era giunto il momento di fare la prossima mossa.

“Ecchelazzo!” disse Nat il benzinaio. Disse proprio così, vedendomi arrivare a spinta. La benzina era finita due miglia più lontano.
Gli dovevo sei pieni ormai vuoti, e da altre sei settimane avevo dimenticato di andarlo a trovare.
“Mi sei mancato gran figlio di una pia donna” disse. Era molto religioso e non poteva dire parolacce. Tantomeno incazzarsi. Aveva un sacco di clienti, ed era sempre in bolletta.
Per farla breve feci il pieno e non lo pagai. Già che c’ero gli chiesi di Mr. Coffee giusto per darmi un po’ di arie.
“Mi devi duecentotrenta quattro dollari e ottanta cents.” disse. Sembrava un filo alterato, ma non poteva esagerare.
“Mà-stà-bòno!” gli risposi alzando la voce in romagnolo. Aveva sempre avuto soggezione della cultura, ed io ne approfittavo a mani basse.
“Quando cominci a parlare in straniero mi confondi, Miles . Lo sai che mi confondi vero? Lo fai apposta, ecco!” disse contrariato, e aggiunse: “Col ciuco che ti do ancora benzina, a te!”
Stava facendo progressi, ma ‘cucco’ non lo poteva ancora dire: troppo osé.
Io lo incalzavo da vicino:
“Muo-và-là!... Dimmi piuttosto di Mr.Coffee. Tales Coffee. Fa il bravo! Dove posso trovarlo? Ho da proporgli un lavoro…”
“Guarda che quello si fa pagare sul serio!” esordì Nat , e cominciò a cantare.
Stare ad ascoltare le sue stonature senza protestare era il prezzo che avrei dovuto pagare per quella soffiata.


Lo trovai alla torrefazione di Susie-Anne Allchantilly , seguendo i salmi di Nat.
Avevo trecento dollari in tasca, una richiesta da fare ed una paura fottuta. Coffee era un tipo da non scherzarci troppo. Era infatti un soggetto molto, molto nervoso.



(Continua... Muo-va-là!!!)


Riassunto della puntata precedente: Chiamatemi Miles. Il mio vecchio amico e socio Stan è stato affogato in sette tonnellate di vino rosso e anch’io mi sento in pericolo. Ottenuti 300 dollari dalla vendita del vino avariato, riesco a rintracciare, grazie a Nat il benzinaio, le orme di Mr. Tales Coffee, l’unica persona in grado di porre fine ai miei guai. In che senso lo vedremo dopo. A quanto pare lui si trova al momento in una torrefazione dalla dubbia fama, di proprietà di una certa Susie-Anne Allchantilly , il tutto nella mia città natale: NewOrleans. Ci vado.

Susie-Anne , a giudicare dai suoni inarticolati che provenivano dal retrobottega, credo stesse eseguendo una manovra molto delicata sul famoso alluce valgo di Tales. La Allchantilly era nota infatti come la migliore pedicure di tutta New Orleans. La torrefazione era naturalmente una copertura. Presi tempo e mi preparai un vero espresso italiano in una tazza di polistirolo da un quarto di gallone. Quando si può bisogna prendere le occasioni al volo. Quindi abbondai con panna, cannella e zucchero.
La testa di Susie-Anne Allchantilly spuntò improvvisamente dal retrobottega con la bava alla bocca:
“Maledetto Miles! Non ti si può mai lasciare solo con il mio caffè!” sbraitò.
“Lo sai che ti adoro Suze!” la blandii con un sorriso allungato.
Venne tirata per il collo all’interno del retrobottega da una mano nera, grande e pelosa.
“Ti amo, Miles!” fece in tempo a squittire, scomparendo oltre la tenda.
Stavo sorseggiando il caffè quando entrarono all’improvviso Sym Ballett, Mino Sala, e Joe Bim .
Sapevo chi erano e pure immaginavo chi li avesse assunti per offrire l’ultima bevuta al mio caro ex-socio Stan. Quel povero figlio di puttana doveva essersi battuto come un leone prima di farsi affogare nel vino, perché si vedeva che tutti e tre portavano il sospensorio. Ebbi un moto d’orgoglio e un altro, intestinale.
“Guarda guarda” disse Sym.
“Chi si vede…” aggiunse Sala.
“Il vecchio Miles!” finì Bim.
Deglutii la crema Chantilly (ci avevo poi messo anche quella nel caffè) e
, pronto a scattare, zompai agilmente in piedi. Me li sentivo di argilla.
“Bastardi! Ve la farò pagare!” sparai “Come sapevate che ero qui?”
“Nat ha cantato…” disse Sym sogghignando.
“E tu pagherai anche per questo… Non immagini cosa ha dovuto sopportare il mio sensibile orecchio italiano!!!” aggiunse Sala disgustato. Infatti gli avevano mozzato l’altro, da piccolo, per via del pedigree.
“Non pensi che Nat sarà ben felice di perdere un cliente del tuo calibro?” mi domandò Bim , e si mise a sghignazzare istericamente.
Il pio Nat mi aveva venduto per qualche gallone di benzina! Da non crederci!
Presi tempo: “Balle! Nat non mi avrebbe mai fatto questo. La sua religione non glielo permette!”
“Si è convertito proprio ora, e si è fatto integralista ateo!” risposero in coro.
“Soch-mel!!” azzardai in emiliano, bluffando e alzando un po’ la voce.
I tre dovettero rimanere molto impressionati, perché arretrarono e i loro volti si fecero terrei.
Capii meglio il motivo quando alle mie spalle udii la voce roca, cavernosa e spietata di Tales Coffee pronunciare lentamente:
“TROPPO CASINO QUI. STATE DISTURBANDO IL MIO ALLUCE.”
Mi voltai e restai impietrito: era uscito dal retrobottega, con un asciugamano in vita e, manco a dirlo, l’artiglieria puntata.
Sym Ballett , detto Uzi per la sua passione per la pistola mitragliatrice, si affrettò a dire: “Mr. C-C-C-Coffee… Noi non s-s-s-sapevamo assolutamente che Lei f-f-f-fosse q-q-q-qui!” Mai soprannome fu più azzeccato.
“Ci perdoni Mr. Coffee!” Aggiunse, con finta disinvoltura, Mino Sala, l’italiano pizzaiolo specializzato in strangolamenti. “Non era nostra intenzione disturbarla in alcun modo!”
Mr. Coffee??... Omioddio!!! Mr. Coffee!!! “ esclamò Joe Bim in tono acuto battendo le mani, e poi, su di un ottava: “Sono un suo fan, lo sa? Sfe-ga-ta-to!!! Già che c’è’ mi farebbe l’autograf… Ouch!!!” Sala Mino l’aveva piegato in due con una gomitata al plesso solare.
“Non lo badi... Ossequi e arrivederla.” Concluse lo strangolatore.
Coffee inarcò un sopracciglio. E i tre squagliarono al volo.
“E TU NON TE NE VAI?” sibilò Tales Coffee, guardandomi di traverso.
“Mr.Tales” risposi con un groppo in gola “Ho un’importante richiesta da farle… “
Lui rimase un attimo interdetto. Si guardò l’artiglieria con noncuranza. Poi chiese:
“E SAREBBE?”
“Saprebbe dirmi dov’è il bagno?”
“IN FONDO A DESTRA.” rispose “E FA TRECENTO DOLLARI.”
“T-là! Giusti, giusti!” Glieli contai leccandomi le dita, tutto contento.



(continua… T-là!!!)




Riassunto delle puntate precedenti: Chiamatemi Miles. Il vecchio Stan è stato affogato nel vino rosso e rischio anch’io di fare la sua fine. Vendo il vino avariato per 300 dollari e, grazie a Nat il benzinaio, riesco a trovare Mr. Tales Coffee, l’unica persona in grado di aiutarmi, nella torrefazione di Susie-Anne Allchantilly: pedicure sotto mentite spoglie, segretamente innamorata di me. Giungono Sym, Sala e Bim, killers prezzolati, esecutori dell’omicidio di Stan. La presenza di Mr. Coffee li mette in fuga, io ho bisogno del bagno e lui me lo indica per 300 dollari.




Uscii dal bagno un quarto d’ora dopo con le idee più chiare e le mutande più scure. Eh, sì, troppo tardi! Mr. Coffee era già uscito e Susie-Anne, nel retrobottega, stava praticando una complessa onicotomia ad un nuovo cliente.


Di una cosa potevo essere certo ora: in futuro avrei potuto avvicinare Tales Coffee per una nuova richiesta senza rischiare di essere ucciso a priori. Le cose si erano messe decisamente bene.


Lasciai un biglietto per Susie-Anne e uscii dalla torrefazione guardingo.


“Dimenticami, SusannaTuttaPanna! Dolcetto del mio caffè, ciliegina sulla torta del mattino! Non c’è futuro per noi” ci avevo scritto bagnandolo copiosamente di lacrime.


Bisogna saper essere veri uomini quando serve.



Se c’è una cosa che il vecchio Stan riconosceva in me, è lo spiccato senso per gli affari, pensai avviando il poderoso otto cilindri della fida Chevy.


Io capisco al volo quanto può valere un affare e quanto bisogna pagare per realizzarlo.


Per la mia prossima richiesta a Mr. Tales Coffee ci sarebbero voluti trentamila dollaroni, non uno di meno, ma avrei definitivamente risolto i miei guai per il futuro, e finalmente vendicato il vecchio Stan.


Poco prima, nel preciso momento in cui ero uscito da quel cesso maleodorante, svuotato nell’animo e non solo, percepivo già, come per un sesto senso, chi era stato il bieco mandante dell’omicidio del mio ottimo socio. E perché l’aveva fatto.


Ma prima di scatenargli la belva alle sue luride calcagna (e a quelle bislacche di quel trio di sgangherati killers), avrei dovuto trovare le prove.


Prove inconfutabili. Prove certe.


Ah, già!... Dimenticavo, e trentamila dollari.

Quindi andai da Nat, ancora una volta. Avevo un conto in sospeso da regolare con lui… per quella sporca soffiata che aveva fatto: mi aveva venduto al trio “Houdini”, così, al primo colpo! L’avrebbe pagata cara!

“Mi devi duecentosessanta sette dollari e trentadue cents! Sono sette pieni, gran figlio di una puttana gonorroica!” disse lui. Sembrava un filo alterato, ma non poteva esagerare, pensai tra me e me.

“Cut’vegna un colp!” risposi, alzando la voce e spadroneggiando in romagnolo com’ero solito fare con lui “Sei tu che mi devi pagare, lurida spia!” e aggiunsi: “So tutto della tua sporca soffiata! Dammi subito trentamila dollari!!!”

Nat sgranò gli occhi, diventò tutto rosso in faccia e mi stese con un pugno, facendomi, tra l’altro, volare un dente.

Quando riaprii gli occhi appresi benevolmente che aveva bisogno di un nuovo lavamacchine dopo che aveva mandato all’ospedale il precedente. Gli aveva rubato seicentonovantaquattro pelli di daino, durante il suo periodo non violento religioso.

“Per fare molti soldi, bisogna cominciare sempre dal basso! Ricordatelo figliolo!” diceva mio nonno. Ora, essere costretto a lavare macchine per Nat, poteva rappresentare un ottimo inizio! Un giorno avrei potuto restituirgli i suoi fottuti dollari per la benzina, raggranellare i trentamila di cui avevo bisogno per Coffee, e pagarmi un dentista.


Sulla conversione improvvisa di Nat, rimaneva un fitto mistero insolubile. Alle mie domande in merito non rispondeva, ma cominciava a guardarmi di brutto. Quindi, visto i trascorsi odontoiatrici, glissavo con classe.


Però lui non era poi male: mi permetteva di indossare sul lavoro il mio ineffabile travestimento da albino, per poter sfuggire al trio Sym Sala Bim sguinzagliato ormai sulle mie tracce. E aveva anche accettato di nascondere la mia Chevy nel vecchio capannone della Gas Station. Ci aveva pure cambiato l'olio!


Praticamente ero in una botte di ferro!


(continua…. Giggle… giggle… :P)


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Ricomincia da qua. E in effetti non ci avevo ancora pensato a questa storia, o meglio, forse ne avevo solo perso il filo, come quando si sta per dire una frase, e all’improvviso ti accorgi che non sai a cosa stavi pensando. A te succede? A me sì un sacco di volte, specialmente quando sono nella corsia di sorpasso.


Sto per dire, che so: “Quant’è bella giovinezza…” e la frase, soggetto, verbo e complemento oggetto, se ne fugge tuttavia, e mi tocca già quasi rientrare nella corsia dei mezzi pesanti, perché un altro bestione è ormai fumato.


Lampeggia, per dirmi: “Mi hai passato fratello con i tuoi 800 cavalli turbo-fiammeggianti, puoi rientrare a destra senza rischiare di portarmi via mezza cabina, con i miei annessi e connessi. Io continuo per la mia strada al mio solito passo, tu vai, vai… Sniff… snuff…  Evvai!!! Accelera!!! Mòvete!!! Ma quanto puzzi!!!”


Chissà perché puzza tanto il mio camion???


Mi ero depresso durante il sorpasso, che fesso! Per via della puzza! Pesto sull’acceleratore mestamente, il turbo va di nuovo a regime, ed il triste fratello della strada scompare lentamente nei retrovisori, diventa un puntino sulla scia d’asfalto, liquida di riflessi sotto il sole abbagliante, e poi più nulla. Amaro destino…


Stavo dicendo?…


Ah sì, devo fermarmi a fare gasolio, su questa fottuta statale che ormai mi ha portato qui, a New Orleans.
C’è un distributore, con la scritta: Miles Gas Station”. Mi fermerò lì.


VROOOOUUUUUUMMMMMMMM…

Ciao! Sono Miles.


Vi ricordate di me? E della eccentrica fine del mio amico, socio e vecchio Stan?


Provò a bere settanta ettolitri di ottimo Cabernet Sauvignon da noi abilmente prodotto nell’annata… Non me la ricordo più l’annata, appartiene al passato ormai. Sono trascorsi ben cinque lunghi anni da allora. Lui non ce la fece, il vino forse conteneva troppo antigelo, o forse semplicemente era molto. Fatto sta che morì.


Dispersi io personalmente le sue ceneri, o forse sarebbe più corretto dire una fattispecie di un suo macinato grosso, nel miglior stagno da pesce gatto in cui aveva mai pescato quando respirava.


La sua prematura scomparsa… era meglio non facesse troppo scalpore in giro, soprattutto alla Polizia, e poi lui era un tipo solitario. Così andò per il meglio e lui ne fu contento.


Al mondo non aveva nessuno, proprio nessuno. Povero Stan!


Tranne me.




Avrei voluto vendicare la sua morte, ed il mezzo ci sarebbe anche stato, ma non avevo denaro sufficiente per questo signor mezzo che di nome faceva Tales, e per intero Tales Coffee.


Trovai un rifugio sicuro presso il religiosissimo Nat, il benzinaio, che, in seguito all’improvvisa sua conversione all’ateismo spirò di un colpo apoplettico senza nemmeno fare in tempo a dire amen, dopo avermi gonfiato di botte e assunto amorevolmente come lavamacchine.


Dopo la sua dipartita mandai avanti io tutta la baracca.


Qualcuno doveva pur farlo.


Grazie al mio ineffabile travestimento da albino, sfuggii ai tre killers prezzolati Sym Ballett, Mino Sala, e Joe Bim, che volevano la mia testa. Non riuscendo a trovarmi cominciarono a girovagare per gli States, fiutando le mie tracce. Questo perché avevo nascosto i miei famosi calzini quattro-stagioni sotto il rimorchio di un camion misterioso diretto a Pensacòla. Loro lo seguirono. Non li ho mai più rivisti da allora.


…VROOOOUUUUUUMMMMMMMM…

Stavo dicendo?…
Ah! Ecco cosa stavo dicendo: “Quasi quasi, ora che sono arrivato a New Orleans, faccio un salto a trovare il mio vecchio fratellone Stan! E il suo inseparabile socio Miles! Non li vedrò… non li vedrò da almeno tre mesi! O saranno cinque? O forse…
Boh! Ne approfitterò per farmi una bella bevuta! Il loro vino è così buono, ma così buono che mi ricorda la gazzosa col cherry brandy che ci preparava sempre la nonna a colazione…”


…VROOOOUUUUUUMMMMMMMM…

(Continua… ???)




L’immagine è tratta da: http://morystar.com/images/product/1240299888American_truck.JPG








Quando vidi attraverso il vetro sporco, dall’interno della stazione di servizio, l’ultima delle diciotto ruote finire di mordere l’asfalto e uno sbuffo di aria compressa e polvere dal camion spazzare le pompe del gasolio, mi parve di rivivere un malato dejà-vu.

Qualcosa di molto, ma molto familiare, come un ricordo tormentoso, sopraffece le mie narici.
Un secondo dopo avevo già realizzato che il rifugio sicuro di quegli ultimi cinque anni trascorsi alla gas station era sfumato come i colori in un acquerello di ninfee.

La guerra stava per ricominciare, e stavolta sarebbe stata spietata.

L’aroma inconfondibile dei miei fatidici calzini quattro-stagioni si sprigionava, come una nemesi, da sotto il pianale di quel camion in sosta sul piazzale.

Su questo non c’era alcun dubbio: la puzza, dopo cinque anni di stagionatura, si percepiva ormai chiaramente a diverse miglia di distanza.

La sorte aveva deciso di farli tornare al mittente, i miei calzini. E con essi, sarebbero arrivati a breve, come una ricevuta di ritorno, anche Sym, Sala e Bim, i tre killers prezzolati sguinzagliati inesorabilmente sulle mie tracce per tutti gli States. Certa gente non dimentica. E soprattutto non perdona.

Io nemmeno.

Indossai ancora una volta il mio ineffabile, ma ormai alquanto logoro, travestimento da albino, pur presentendo che questa volta non sarebbe bastato a salvarmi i cosiddetti.

Mi decisi, e uscii nel piazzale, allo scoperto, sotto il sole rovente della Louisiana, o almeno credo.

La geografia non è il mio forte.

Mi avvicinai lentamente al camion, con passo circospetto. Il mio infallibile fiuto mi suggeriva di stare all’erta. Se fossi finito sottovento alla puzza sarei potuto stramazzare stecchito al suolo.

Guardai nella cabina. Il tipo non si vedeva. Era già uscito senza che me ne accorgessi, o si era rintanato all’interno?

Chi era il misterioso autista? Che intenzioni aveva? A che gioco stava giocando?

“Cucùsèttete!!!” gridò lui, piombandomi alle spalle.


Dopo essere caduti entrambi rovinosamente a terra e aver rotolato per una cinquantina di metri abbracciati l’un l’altro, ruzzolando da un capo all’altro della statale tra le auto strombazzanti che ci evitarono per miracolo, e dopo aver sbattuto contro un trampolino da acrobata gettato casualmente tra la spazzatura, addossato al muro, e quindi, dopo essere rimbalzati, rotolando in senso opposto attraverso la statale e finalmente ritornati sul piazzale della stazione di servizio, riuscii a balzare agilmente in piedi e riconobbi subito il mio misterioso assalitore.

Puff!

L’ineffabile travestimento da albino doveva aver perso un po’ del suo originario candore, perché Bud, detto Buddy, l’improbabile e dimenticato fratello di Stan, mi aveva riconosciuto al volo!
Miles!!!” gridò infatti sorridente, saltellandomi intorno tutto contento.

Come potevo essermi dimenticato di lui! Eppure è grande e grosso come un armadio quattro stagioni, e anche di più! E’ certo un tipo che non passa inosservato!

Quanto Stan era stato esile, piccolo, nervoso e letale (era il terrore dei pesci gatto!), così Bud,il suo fratellino, era invece enorme, nerboruto e pacifico. Mi ricordava un po’ Nat il benzinaio ai tempi del suo fervore non-violento religioso, prima che mi avesse fatto saltare via un dente. Solo che Bud era molto, ma moooolto più grande e robusto.

Miles, vecchio paraninfo!” mi apostrofò “Che ci fai in una stazione di servizio? Ed il nostro fruttifero podere vinario? Scommetto che ci lasci sgamellare mio fratello tutto solo, nevvero? Orsù, sei un po’ pallido vedo! Sarà colpa del benzene nella benzina! E come sta il mio adorabile fratello Stan? Eh?… Come sta?…”

Bud era un tipo così , parlava strano, e prima io non lo capivo.Però poi mi c’ero abituato. Anche per questo l’avevo alfin dimenticato.

Mentre mi tornava alla mente una vecchia canzone, avevo realizzato in un solo istante tre grandi verità:


La prima: era ora di smettere definitivamente il mio ineffabile travestimento da albino. Sembrare solamente un po’ pallido non era il target giusto, non sarebbe servito certamente ad evitare il trio Sym Sala Bim. Quindi me lo tolsi subito con un po’ di crema detergente ed un batuffolo di ovatta anallergica che tenevo nella tasca posteriore dei pantaloni. Bud, alla vista del mio solito incarnato, ne fu subito sollevato.

La seconda era l’impellente necessità di far sparire i miei calzini quattro-stagioni con la loro mefitica traccia odorosa al più presto!

La terza, e che avrei dovuto addossarmi l’ingrato compito di raccontare la prematura scomparsa di Stan a Buddy, con la dovuta delicatezza necessaria per non scioccare il suo disarmonico animo sensibile.

“Bud” gli chiesi a bruciapelo “Che ne diresti di cambiare completamente tipo di vita?”

“In che senso Miles?” mi domandò incuriosito.

“Lanciare alle ortiche il tuo vecchio lavoro, il camion nuovo, tutto l’elenco dei clienti affezionati che ti sei faticosamente procacciato nel corso degli ultimi trent’anni di duro lavoro, e abbracciare una nuova Fede: diventare il mio socio!”

Non so perché articolai quella frase, ma in quel momento mi sembrava la cosa più intelligente da dire.

Wow!” si mise a urlare “Mi stai chiedendo di diventare socio tuo e di Stan, Miles?… Per santa Tiche! Non posso crederci! Che suprema felicità!!! Che allegria!!!… Ma subito!!!!”

Di andare a recuperare i calzini stagionati da sotto il pianale non se ne parlava proprio. Le maschere antigas erano finite dal tempo degli ultimi saldi di Natale.

Feci l’unica cosa da fare, l’unica, veramente intelligente, per eliminare nel giro di pochi istanti quella funesta traccia odorosa che avrebbe attratto inesorabilmente il trio Houdini in prossimità del mio retrotreno:

Dare fuoco al camion e a tutta la stazione di servizio.

Il vecchio otto cilindri della mia fida Chevy, ritornata nella vivida luce del giorno dall’ovattato oscuro rifugio del garage di Nat il benzinaio, pace all’anima sua, prese subito a fare le fusa sotto il cofano rosso fuoco allietato da sobri adesivi giallo, nero e arancio raffiguranti le fiamme dell’inferno e qualche diavolo armato di forcone.

La discrezione è importante, e la classe non è acqua.

Pigiai finalmente il piede sull’acceleratore. Al mio fianco il fido Bud, nuovo socio in affari e imperituro alleato, sorrideva beato; alle nostre spalle il camion di Buddy, la vecchia cara stazione di servizio di Nat e mezzo isolato di New Orleans oscuravano il sole torrido della Louisiana con il loro denso fumo nero.

Ad un certo punto udimmo un gran botto: i serbatoi di benzina erano esplosi. Il gasolio invece se ne bruciava in silenzio, tutto tranquillo.

Come non pensare alla celebre frase del film di Francis Ford Coppola, “Odore di napalm, odore di vittoria”!

La colonna di fumo si allontanava all’orizzonte, mentre le sirene della polizia e dei vigili del fuoco laceravano l’aria.

Si trattava ora di dire solo due paroline a Buddy… 

Due paroline ben dette, sul conto della tragica fine del suo beneamato fratello Stan.

Decisi che la cosa andava presa molto, molto alla lontana. Ci vuole un gran tatto in certe cose.

“Ricordi…” cominciai a dire “…quanto Stan, quando era ancora vivo, adorava mangiare i pesci-gatto?”

Bud spalancò gli occhi, annuì, e continuò a sorridere e guardare fisso avanti a sé, e non rispose.

“Beh…” gli dissi “Ha saputo ricambiargli il favore.”

“ Wow! Forte!… In che senso Miles?”

Guardai Buddy con la coda dell’occhio, mentre imboccavo l’autostrada a più di centoventi miglia orarie.

Si era girato verso di me e sorrideva ancora.

Capii che sarebbe stata dura. Molto dura.


(Continua... )  ... chi indovina la canzone sopra accennata?)
Risposta: "Pablo" (F.De Gregori) .... l'ha indovinata Spes



Grazie di seguirmi! :)

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Nota: l'immagine in copertina è tratta da:
http://pigscantfly.files.wordpress.com/2008/07/apocalypse-now_01.jpg

 






VROOOOUUUUUUMMMMMMMM…


Le immagini scorrono, ai lati della strada, veloci come gli anni scivolati alle spalle e lasciati rotolare nel calderone implacabile del tempo.


Sembra ieri che ero qui, sulla Highway 61 con Stan al mio fianco, ed un radioso e bugiardo futuro enologico all’orizzonte. E oggi sono di nuovo qui, sulla stessa auto, sulla stessa strada, la mitica 61, con il suo scompaginato  fratello, ed un avvenire quanto mai fumoso davanti al radiatore.


Proprio nel fumo, infatti, avevo lasciato tutti i miei risparmi degli ultimi anni che, per una deprecabile quanto inopportuna svista, avevo dimenticato nell’ingegnoso doppiofondo da me realizzato in una tanica piena di benzina, laggiù, in ciò che rimaneva della gas station. Un nascondiglio perfetto. Troppo perfetto. Nessuno infatti li rivedrà mai.


“Bud” annunciai allegramente “Ci servono trentamila dollari per aggiustare le cose e vendicare la memoria di tuo fratello!”


Gliela buttai giù dura, così! Che non riesco a stare sul sentimentale troppo a lungo.


“Yuk yuk, Miles! E’ una gran bella cifra per vendicare Stan! A proposito, quand’è che andiamo a trovarlo e farci una bella bevuta insieme?” rispose Bud.


“Non sarà possibile, amico. Ne ho disperso le ceneri nel suo stagno da pesci-gatto preferito, Buddy. Se vuoi posso portarti lì.”


Sgranò gli occhi e rimase a guardare la strada che ci correva incontro veloce.


“Non amo la pesca.” disse.


Seguì un interminabile silenzio, che rispettai con infinita discrezione.


Il Mississippi ormai riluceva rossastro sotto il sole stanco del tramonto quando Buddy alla fine disse:


“Non trovi sia quasi ora di cena, Miles?”


Lo guardai e non risposi. L’aveva presa dannatamente bene il ragazzo! Da vero uomo, pensai. Non ha fatto nemmeno una domanda, ha preso semplicemente atto del feroce destino e tira avanti a muso duro!


Guardai l’ora: le sette e un quarto. Mi accorsi di avere anch’io un certo appetito.


La Steak House di Rosemary’s Baby si trovava giusto a sole tre miglia di distanza.


Quando spensi il poderoso otto cilindri, dopo aver parcheggiato la Chevy nel piazzale e feci per scendere, la mano gigantesca di Bud mi inchiodò al sedile.


“Cosa stai facendo Miles?” mi chiese Bud con occhi spiritati e una voce cavernosa.


“Ehi! Che ti salta fratello? Sei impazzito?” esclamai “Non dovevamo mettere qualcosa sotto i denti?”


“Miles!…” disse premendomi sul torace con la mano da togliermi il fiato “Non mi dirai ora che vorresti mangiare ‘quella roba’ ?…”


“Da Rosmary’s Baby?…” risposi un po’ incerto “Perché no? Fa certe costate di manzo alla brace che…”


La pressione delle sue cinque dita aumentò e stava per sfondarmi il torace.


“Off! Buddy… cough… levami quella mano da dosso per la miseria! Che ti prende?”


Si guardò la mano, poi guardò la mia faccia, poi di nuovo la mano, e la ritrasse giusto in tempo prima dell’imminente sfondamento. Arrossì e sorrise.


“Discolpa Miles! Sono affranto per la pressione sul costato ma non provare a pressarmi: di costate non si parla, non desisto!”


Presi fiato e dissi: “Eh?”


“Sono vegan, diletto amico!”


Mi sbottonai il panciotto e poi dissi: “Eh?”


Nella vita bisogna saper far scelte decise.


Le cose stavano così.


Bud aveva settantamilottocentocinquanta dollari su un libretto di risparmio al portatore e settecentotrentadue dollari e diciotto cents nel portafogli.


Io avevo mandato in fumo tutti i miei risparmi di quei cinque anni alla gas station, la bellezza di ben 99 dollari e ottantasette cents. Se tutto fosse filato come programmato quel giorno avrei sfondato il muro dei cento dollari!
E invece…


Ma bisogna saper cogliere le opportunità al volo, mi diceva sempre mio nonno sparando alle quaglie, e quindi decisi di stare al gioco.


Cenammo in un locale giapponese poco distante: “Il Tofu allo Spiedo”.


Dopo essermelo trovato davanti, il tofu, e aver provato ad intagliarci con la punta del coltello un nuovo tipo di maschera da albino, decisi invece di seguire l’esempio di Bud e cominciai a masticarlo lentamente.


Quella sera mi spuntò qualche lacrima di commozione al pensiero di cosa mi ero perso in tutti quegli anni...


Lo innaffiammo con un ottimo rosso d’annata. Succo di ribes se non ricordo male.


Dopo cena, sazi di tofu e verdure scondite, seduti per terra nella posizione del loto, davanti al tavolino di bambù alto sette pollici, con due tazze di sake tiepido tra le mani (una per ogni mano) parlammo del nostro futuro di soci.


Spiegai a Bud tutta la storia, e che sarebbe stato necessario assoldare Mr. Tales Coffee, un fido mercenario, l’unica persona in grado di sconfiggere i nostri nemici e finalmente vendicare la tragica fine di Stan.


Gli dissi anche che ero praticamente certo chi fosse il mandante dell’esecuzione di Stan, si trattava di un certo Stanislao Lewinsky, un noto importatore di vini millesimati della Patagonia.
La nostra implacabile concorrenza l’aveva spiazzato, e lo  stava portando inesorabilmente sul lastrico.


E inoltre che i tre killers Sym Ballett, Mino Sala, e Joe Bim erano professionisti spietati e segugi implacabili, e nonostante avessi fatto di tutto per far perdere le tracce, presto o tardi mi avrebbero trovato, se prima non ci avesse pensato Mr. Tales a sistemare definitivamente tutta la faccenda.


Quindi Buddy mi avrebbe dovuto foraggiare i trentamila.


“Senz’altro Miles! Ma perché vuoi vendicarti di Stan?… Dimmi la verità, ma che tiro mancino ti ha combinato il mio fratellone, eh?” mi chiese complice Bud  “E poi… Quand’è che ci decidiamo ad andare a trovarlo quel birbante?”


Cominciai a grattarmi la testa furiosamente. Ero allergico al tofu.


(Continua…)

14 commenti:

Annalisa Silingardi ha detto...

,,opperbacco, ma sei ripartito anche di qua...umh mi ci vuole una pausa un pò più lunga per leggere tutto..-evvaiii

Vittoria A. ha detto...

Milo sei un'artista gransissimo! Io lo sostengo in continuazione! :)

Milo ha detto...

Ciao Annalisa,
se non avevi letto ancora niente di Mr. Tales Coffee... beh, è il momento 'bbono per farti due sane risate!
"That's all bullshit!" come dice il fumetto...
Grazie e buone risate, spero!
:D :D :D

Errante ha detto...

Grazie Milo, tornerò presto.
E vedrò di recuperaare anche gli arretrati. Vedo che hai prodotto in questo periodo!
Bene bene bene....
^____^

Milo ha detto...

Ciao Errante!

Come sono contento di risentirti! :)

Quello che c'è in questo post è una vecchia storia che ho intenzione di riprendere.

La nuova produzione è invece nel "blog privé"... Ti aspetto di là! ;)

Attendo i nuovi capitoli de "Il risveglio"!

A presto, un abbraccio!
:) :) :)

Annalisa Silingardi ha detto...

,,ma no..ma no lo conoscevo già Mr. Tale Coffee,,il fatto è che mi sono persa durante questa pausa. E' molto divertente. Questo invece potrebbe diventare un fumetto. Io lo vedo come un fumetto. :-))

mod ha detto...

marò, milo!
te scrivi come io vado in moto!

love, mod

Milo ha detto...

Cara Annalisa!

Magari!!

Disegni tu e io ci metto la sceneggiatura? Dài!

Se tu fossi occupata, mi accontenterei anche di Francesco Tullio Altan, non ho grandi pretese come vedi! ;) ;) ;)

Un bacio!!!

P.S nel "privé" ti sei persa un post: spiegato il mistero!

:) :) :)

Milo ha detto...

marò, mod!

sono commosso!!! :D :D :D

beso latino!

Alfa ha detto...

Grazie Milo!

torno più tardi a leggere con calma!

^___^

Milo ha detto...

Grazie a te, caro Alfa!

A presto!

:) :) :)

riri ha detto...

Ciao Milo dei Mari:-) concordo un fumetto sarebbe bellissimo!!
Un saluto ed un abbraccio circolare, qui tempo incerto, con spiraglio di sole, temperatura 19°, vento da nord-ovest :-)
Nick vi saluta ed ha l'influenza (non suina, nè equina):-)))semplice raffreddur con febbre, attesa medico che è pelato ma carino, lo conosco da 27 anni.

stop: adesso può partire il televoto ahahah Milo, nu ce fa caso,maròò, oggi sto in vena di fregnacce.:-)come mi dice spesso un amico romano de roma

Milo ha detto...

Ciao Riri! :D

Ehi! Che ti combina Nicola? 19 gradi, un po' di maestrale e finisce a letto con le febbre?
Magari è solo in vena di farsi coccolare un po' da te!
Il medico di base carino ha più possibilità di fidelizzarsi i pazienti... Tutti(e) lo cercano, tutti(e) lo vogliono...Che fatica essere belli!!!
Fregnacce??? Sei nel post giusto!!!
That's all bullshit! Sono tutte fregnacce! Come dice Miles in copertina...
Salutaci Nicola (un bacione per l'occasione da Babs!) e auguroni di pronta guarigione!!!

SMACKKETE!
:) :) :)

Nicolanondoc ha detto...

Grazie del bacione di Babs:-)) Ecco, adesso mi sento veramente meglio!!Ciao Milo, va meglio, oggi è anche una splendida giornata e sono andato a fare un giro al parco giochi:-))Un abbraccio ad entrambi.Buon fine settimana.