venerdì 5 giugno 2009

Mr. Tales Coffee - seconda puntata

Riassunto della puntata precedente: Chiamatemi Miles. Il mio vecchio amico e socio Stan è stato affogato in sette tonnellate di vino rosso e anch’io mi sento in pericolo. Ottenuti 300 dollari dalla vendita del vino avariato, riesco a rintracciare, grazie a Nat il benzinaio, le orme di Mr. Tales Coffee, l’unica persona in grado di porre fine ai miei guai. In che senso lo vedremo dopo. A quanto pare lui si trova al momento in una torrefazione dalla dubbia fama, di proprietà di una certa Susie-Anne Allchantilly , il tutto nella mia città natale: NewOrleans. Ci vado.

Susie-Anne , a giudicare dai suoni inarticolati che provenivano dal retrobottega, credo stesse eseguendo una manovra molto delicata sul famoso alluce valgo di Tales. La Allchantilly era nota infatti come la migliore pedicure di tutta New Orleans. La torrefazione era naturalmente una copertura. Presi tempo e mi preparai un vero espresso italiano in una tazza di polistirolo da un quarto di gallone. Quando si può bisogna prendere le occasioni al volo. Quindi abbondai con panna, cannella e zucchero.
La testa di Susie-Anne Allchantilly spuntò improvvisamente dal retrobottega con la bava alla bocca:
“Maledetto Miles! Non ti si può mai lasciare solo con il mio caffè!” sbraitò.
“Lo sai che ti adoro Suze!” la blandii con un sorriso allungato.
Venne tirata per il collo all’interno del retrobottega da una mano nera, grande e pelosa.
“Ti amo, Miles!” fece in tempo a squittire, scomparendo oltre la tenda.
Stavo sorseggiando il caffè quando entrarono all’improvviso Sym Ballett, Mino Sala, e Joe Bim .
Sapevo chi erano e pure immaginavo chi li avesse assunti per offrire l’ultima bevuta al mio caro ex-socio Stan. Quel povero figlio di puttana doveva essersi battuto come un leone prima di farsi affogare nel vino, perché si vedeva che tutti e tre portavano il sospensorio. Ebbi un moto d’orgoglio e un altro, intestinale.
“Guarda guarda” disse Sym.
“Chi si vede…” aggiunse Sala.
“Il vecchio Miles!” finì Bim.
Deglutii la crema Chantilly (ci avevo poi messo anche quella nel caffè) e
, pronto a scattare, zompai agilmente in piedi. Me li sentivo di argilla.
“Bastardi! Ve la farò pagare!” sparai “Come sapevate che ero qui?”
“Nat ha cantato…” disse Sym sogghignando.
“E tu pagherai anche per questo… Non immagini cosa ha dovuto sopportare il mio sensibile orecchio italiano!!!” aggiunse Sala disgustato. Infatti gli avevano mozzato l’altro, da piccolo, per via del pedigree.
“Non pensi che Nat sarà ben felice di perdere un cliente del tuo calibro?” mi domandò Bim , e si mise a sghignazzare istericamente.
Il pio Nat mi aveva venduto per qualche gallone di benzina! Da non crederci!
Presi tempo: “Balle! Nat non mi avrebbe mai fatto questo. La sua religione non glielo permette!”
“Si è convertito proprio ora, e si è fatto integralista ateo!” risposero in coro.
“Soch-mel!!” azzardai in emiliano, bluffando e alzando un po’ la voce.
I tre dovettero rimanere molto impressionati, perché arretrarono e i loro volti si fecero terrei.
Capii meglio il motivo quando alle mie spalle udii la voce roca, cavernosa e spietata di Tales Coffee pronunciare lentamente:
“TROPPO CASINO QUI. STATE DISTURBANDO IL MIO ALLUCE.”
Mi voltai e restai impietrito: era uscito dal retrobottega, con un asciugamano in vita e, manco a dirlo, l’artiglieria puntata.
Sym Ballett , detto Uzi per la sua passione per la pistola mitragliatrice, si affrettò a dire: “Mr. C-C-C-Coffee… Noi non s-s-s-sapevamo assolutamente che Lei f-f-f-fosse q-q-q-qui!” Mai soprannome fu più azzeccato.
“Ci perdoni Mr. Coffee!” Aggiunse, con finta disinvoltura, Mino Sala, l’italiano pizzaiolo specializzato in strangolamenti. “Non era nostra intenzione disturbarla in alcun modo!”
Mr. Coffee??... Omioddio!!! Mr. Coffee!!! “ esclamò Joe Bim in tono acuto battendo le mani, e poi, su di un ottava: “Sono un suo fan, lo sa? Sfe-ga-ta-to!!! Già che c’è’ mi farebbe l’autograf… Ouch!!!” Sala Mino l’aveva piegato in due con una gomitata al plesso solare.
“Non lo badi... Ossequi e arrivederla.” Concluse lo strangolatore.
Coffee inarcò un sopracciglio. E i tre squagliarono al volo.
“E TU NON TE NE VAI?” sibilò Tales Coffee, guardandomi di traverso.
“Mr.Tales” risposi con un groppo in gola “Ho un’importante richiesta da farle… “
Lui rimase un attimo interdetto. Si guardò l’artiglieria con noncuranza. Poi chiese:
“E SAREBBE?”
“Saprebbe dirmi dov’è il bagno?”
“IN FONDO A DESTRA.” rispose “E FA TRECENTO DOLLARI.”
“T-là! Giusti, giusti!” Glieli contai leccandomi le dita, tutto contento.



(continua… T-là!!!)

lunedì 1 giugno 2009

Mr. Tales Coffee - prima puntata


Ci sarebbe voluto Mr. Tales Coffee anche questa volta. Per risolvere una volta per tutte questa sporca faccenda. E pararmi il culo.
Ma i soldi non crescono sugli alberi, almeno così dicono. Le foglie caso mai. E poi cadono anche quelle, come pesche mature in una mastella di sangrìa puzzolente.
E, manco a dirlo, fu così che cominciò tutto, maledettamente, in quella implacabile e fredda estate del ‘59.
Il fatto è che non ci avevo i soldi per assumere quel figlio di puttana: Mr. Coffee.

Avevo trovato il caro vecchio Stan a fare il morto in un tino da sette tonnellate di Cabernet Sauvignon. Sempre piaciuto alzare il gomito, ma stavolta forse aveva esagerato.
Il prossimo a cui sarebbe toccato quel brindisi, il suo ex socio, ero io.
Mi sarebbe spettato di diritto quella cortesia, lo sapevo già in anticipo. E ora dovevo correre ai ripari, o per lo meno correre svelto.

Ma prima si trattava di disfarsi in qualche modo di quelle sette tonnellate di vino avariato alla cadaverina-putrescina, o non avrei nemmeno avuto da mettere, dico, la benzina nella mia vecchia Chevy.
Riuscii a rifilarle a una ditta italiana di mia conoscenza, roba da import-export, che venne alla svelta con due autobotti ed un tritacarne, e si occupo’ anche, già che c’era, delle onoranze funebri di Stan. Ci ricavai trecento dollari e una specie di macinato grosso in cambio di quello che, in un’altra occasione, sarebbe diventato un grande rosso.

C’era poco da stare allegri… Sparse le ceneri (non sottilizziamo ora) di quello che era stato il mio più caro amico nel suo stagno da pesci-gatto preferito, avevo ormai quasi finito lacrime e benzina. Era giunto il momento di fare la prossima mossa.

“Ecchelazzo!” disse Nat il benzinaio. Disse proprio così, vedendomi arrivare a spinta. La benzina era finita due miglia più lontano.
Gli dovevo sei pieni ormai vuoti, e da altre sei settimane avevo dimenticato di andarlo a trovare.
“Mi sei mancato gran figlio di una pia donna” disse. Era molto religioso e non poteva dire parolacce. Tantomeno incazzarsi. Aveva un sacco di clienti, ed era sempre in bolletta.
Per farla breve feci il pieno e non lo pagai. Già che c’ero gli chiesi di Mr. Coffee giusto per darmi un po’ di arie.
“Mi devi duecentotrenta quattro dollari e ottanta cents.” disse. Sembrava un filo alterato, ma non poteva esagerare.
“Mà-stà-bòno!” gli risposi alzando la voce in romagnolo. Aveva sempre avuto soggezione della cultura, ed io ne approfittavo a mani basse.
“Quando cominci a parlare in straniero mi confondi, Miles . Lo sai che mi confondi vero? Lo fai apposta, ecco!” disse contrariato, e aggiunse: “Col ciuco che ti do ancora benzina, a te!”
Stava facendo progressi, ma ‘cucco’ non lo poteva ancora dire: troppo osé.
Io lo incalzavo da vicino:
“Muo-và-là!... Dimmi piuttosto di Mr.Coffee. Tales Coffee. Fa il bravo! Dove posso trovarlo? Ho da proporgli un lavoro…”
“Guarda che quello si fa pagare sul serio!” esordì Nat , e cominciò a cantare.
Stare ad ascoltare le sue stonature senza protestare era il prezzo che avrei dovuto pagare per quella soffiata.


Lo trovai alla torrefazione di Susie-Anne Allchantilly , seguendo i salmi di Nat.
Avevo trecento dollari in tasca, una richiesta da fare ed una paura fottuta. Coffee era un tipo da non scherzarci troppo. Era infatti un soggetto molto, molto nervoso.



(Continua... Muo-va-là!!!)