lunedì 17 ottobre 2011

Settimana bianca


Lo sguardo del cane non è colmo di rimprovero, ma di condivisione.


Il corpo del cane manca di una zampa. Il moncherino sanguina un poco.

L'odore è buono, come dovrebbe essere per un cane in salute.


La neve si sta sciogliendo a gocce gelate che cadono dal tetto seguendo una partitura scritta quasi per intero in cinque quarti.


Stalattiti di ghiaccio si staccano dal colmo e impalano la neve alta, soffice, ricoperta da una leggera crosta croccante.

Avete mai provato a mangiare la neve soffice quando ha la crosta croccante?


Siamo tutti bloccati qui, da non so più quanti giorni, compresi i cani.

Ventisette ragazzi, tra femmine e maschi, più il Prete.


C'è ancora cibo per qualche giorno.


Nessuno sa di noi. Dovremo cavarcela da soli. Scendere a valle.


§


Qualcuno ha detto: “le motoslitte”. Per niente facile. Se n'è persa la memoria, con l'avvento della luna nuova. Dove siano, come si possano usare, come siano fatte.
Almeno sapere come sono fatte porterebbe a qualcosa. Magari le abbiamo proprio lì, davanti ai nostri occhi, e non sappiamo riconoscerle. Ne rimane solo l'astrazione.
Motoslitta uguale a Ritorno uguale a Salvezza.



§


Si sta facendo buio. Le stalattiti sul tetto, fuori dalla grande vetrata appannata, hanno cessato di staccarsi. Il ticchettio delle gocce gelate è cessato. É calato il silenzio.


Nella luce del tramonto, al di là del vetro, ha ripreso a nevicare.


Stasera mangeremo torrone e canditi. Ma non c'è rimasto più nulla per i cani.


Martröð si avvicina e comincia a toccarmi. So dove vuole arrivare, e a me non dispiace. L'ho già lasciata fare altre volte. La sua lingua è l'unica cosa calda di cui ho sensazione precisa. Calda e gelatinosa, tremolante, distilla i suoi umori. Non credo sia umana, ma mi comporto come se lo fosse.


Non mi importa più, a questo punto. Del resto.


Mi spoglia e mi possiede lentamente sui gradini di marmo, gli altri sembrano non farci caso.


È successo a tutti noi, in questa fase di luna, di dimenticare le cose ed accoppiarci con essi.


§


Io avevo una ragazza. Lei è qui, ne sono certo, è una del nostro gruppo di ventisette ragazzi, tra femmine e maschi, più il Prete.


Ne conoscevo l'amore e il sapore delle labbra. E, sono sicuro, ne sapevo il nome.


Anche lei si sarà unita ad uno di loro. Qui ci sono solo ventisette ragazzi, di cui tredici sono ragazze. Chissà chi è, tra queste, il mio amore.


Stasera non mangerò torrone e canditi. Dopo essere stato assieme a Martröð, quando lei sarà scomparsa di nuovo, cercherò di capire dove si nascondano le motoslitte.


Questa storia deve finire. Sto per venire, così finalmente lei tornerà a nascondersi nel suo antro.


§


Anche Verdiana è del mio avviso. Se non altro ne ricordo il nome. Era la mia compagna di banco, prima che iniziasse questa strana settimana bianca. Di ciò almeno sono sicuro.


È convinta che potremmo ancora farcela a raggiungere valle. Per farlo però occorrerà capire ciò che è accaduto. Forse il Prete potrebbe svelarcelo, se solo riuscissimo a scuoterlo dalla sua estasi mistica.


Egli ora è fuori, oltre la vetrata, inginocchiato sopra una slitta, sulla neve. I candidi fiocchi lo hanno già ammantato di una seconda, più immacolata tonaca bianca. I cani, tra poco, lo prenderanno e lo porteranno nuovamente dentro, con noi, al sicuro dalla notte.


Senza la sua eroica difesa saremmo già stati tutti presi.


§


I pattini della slitta gemono tra la morsa del ghiaccio ed il tiro poderoso dei cani. Ecco il rumore come di un osso spezzato. Il ghiaccio ha ceduto. Lentamente, preceduto dagli sbuffi di vapore soffiati dalle narici dei cani, il Prete, inginocchiato, occhi chiusi e immobile, le braccia distese come uno sparviero, fa il suo ingresso nella sala dalla grande vetrata. Torrone e canditi dappertutto, sparpagliati a terra assieme a cocci di vetro, caramelle e silenzio. Le porte vengono nuovamente chiuse dai cani.


Verdiana ed io ci scambiamo uno sguardo. Il Prete. No. Non ci riusciremo mai.


§


Ha cominciato a soffiare forte il vento. Laggiù, oltre la vetrata, turbini di neve fitta e ululati distanti provenienti dagli antichi fratelli dei nostri cani, che qui al riparo, li ascoltano spaventati.


SenzaUnaZampa viene da me, non so perché. È forse mio? Cerca protezione. Lo gratto dietro le orecchie. Si fa coraggio e la sua coda torna a sollevarsi e a battere il tempo.

Non abbiamo più nulla da dare da mangiare a loro. Questo significherà l'inizio della nostra fine.


Devo carpire il segreto delle motoslitte, capire sotto quale forma esse si celino, dove si nascondano. Ma se mi sforzassi troppo nel pensarci, sarei il primo ad essere preso. Semplicemente mi dissolverei.
Non ci sarebbe più alcuna speranza di ritrovare Berenice.
Non è il vero nome della mia ragazza, lo so. Ma ho deciso di chiamarla in questo modo, almeno per il momento. Così, possedendo un nome, lei sarà forse più reale.

Verdiana è d'accordo. A me pare buffo, ma poi mi offre dei canditi. Stavolta mi decido a mangiarne.

Provo a darne un po' anche a SenzaUnaZampa, che gira il muso dall'altra parte. I canditi non piacciono a questi cani, e nemmeno il torrone.


CodaBianca dev'essere il più affamato. Si è preso un coccio di vetro per sé e lo tiene tra le zampe, accucciato. Tenendo la testa piegata di lato lo sta rosicchiando con i molari. Rumore di gessetto sulla lavagna. Sanguina dalla bocca. Vorrei fermarlo, ma, se mi avvicino, ringhia sommesso.


§


Martröð è tornata questa sera. Non era mai accaduto prima d'ora. Si dosava una volta al giorno, come una medicina. Forse ora sono più grave e bisogna raddoppiare il trattamento? Si avvicina lentamente, com'è solita fare, e sempre lentamente mi avviluppa. Non so quante braccia abbia precisamente, né quante dita. Molte più di un essere umano, questo è sicuro.


Ma non faccio eccezione. Era accaduto anche a Verdiana che Martröð la visitasse a volte anche due volte in un giorno. Per lei non ha tutte quelle dita, e ha solo due braccia, ma forti, maschie e muscolose. Quando la prende, lei va in estasi, ed in quei momenti non vorrebbe più fuggire. Desidererebbe appartenere a quel luogo. Per poterlo avere per sempre.

Poi, dopo che Martröð se ne va, Verdiana torna in sé, e vorrebbe poter scendere a valle, prendere il primo treno per tornare a casa.


Non capisco, perché, ma quando io sono con Martröð, anche quando lei mi fa le cose più lascive, non m'importa nulla del piacere, vorrei solo poter fuggire!


§


Il Prete è inavvicinabile. Non è possibile potergli chiedere alcun consiglio. Se provi a parlargli non ti sente, se provi a scuoterlo i cani ti si avventano contro.


Quando ci ho provato persino SenzaUnaZampa mi si è scagliato addosso.


Forse loro sanno che se qualcuno lo destasse da quella specie di catalessi, noi tutti spariremmo in un attimo. Puro istinto di sopravvivenza.


Sto pensando di uscire nella notte, sotto la tormenta di neve e offrirmi ai lupi. Buffo e inutile. Tanto, presto, finirà tutto comunque.


§


Delle dodici ragazze, oltre a Verdiana, non riesco a immaginare chi sia stata la mia Berenice. Forse se riacquistassimo insieme il ricordo, potrebbe cambiare qualcosa.

Provo ancora amore per lei, ma non so come fare a riconoscerla tra loro.

Chissà se anche per lei è lo stesso?


Anche Verdiana aveva un amore. Ma né io né lei ricordiamo chi fosse e se apparteneva al nostro gruppo oppure no. Forse era uno di fuori e la sta aspettando fiducioso da qualche parte.

E se gli venisse in mente di venirla a trovare? Potrebbe essere la nostra salvezza.

Qui è impossibile andarsene senza le motoslitte, ma è possibile arrivare: ci sono gli impianti di risalita in funzione durante il giorno. Sempre vuoti. Gli sciatori non vengono mai qui.

Già!... Gli sciatori...


Ora ricordo: una volta sapevamo tutti sciare.


§


Ho provato a parlarne a Verdiana. Non sa di cosa parlo. Non solo non ricorda dove siano gli sci, e come sia la loro forma, ma non ne conosce nemmeno il significato astratto. Eppure era una sciatrice esperta. Di questo sono sicuro.


Non ci resta molto tempo a disposizione. I cani, privi di alimenti, tra non molto non sapranno più svolgere il loro compito. Il Prete congelerà nella notte e noi verremo presi tutti.

Devo rischiare. Devo sforzarmi di pensare. Riuscire a concretizzare nella mia mente se non proprio la forma di una motoslitta, almeno quella di un paio di sci. E ricordare dove essi possano essere riposti. Se avrò successo, già domattina potrò scendere a valle e dare l'allarme. Arriveranno i soccorsi per tutti!


Se invece nel provarci supererò la soglia dello sforzo, allora sarò preso e mi dissolverò. Ma ho deciso, non c'è più nulla da perdere!


§


Pensare. Prima cosa: la forma degli sci. Qual'è dunque?

Stuzzicadenti e biscotti dell'infanzia.

Credo di essere su una falsa pista.

Canalone Staunies.

Cos'è? Ricordi? Dev'essere roba ripida.

I biscotti sono i Pavesini. Ma preferivo i Savoiardi.


Che nervoso, se continua così dovrò fare pipì!.


Due stuzzicadenti sì, due a forma di Pavesini.

Carving. Ecco il nome! Sciancratura.

Molti colori tra cui anche il rosso.

Giù in cantina.

Trovato!!! Gli sci sono nella cantina della mia infanzia... E sono rossi, dritti e non sciancrati.


Ecco di nuovo Martröð! Ma cosa vuole ancora? Non ci siamo... Ancora quelle dita e la sua lingua così...


No! Devo concentrarmi!

Martröð va altrove.


Gli sci non possono essere in cantina! Qui siamo in un maledetto albergo sulle Dolomiti e gli sci non possono stare in cantina! Stanno al piano di sotto nel loro deposito riscaldato e ben illuminato. Assieme agli scarponi. Eureka!


Ho la vescica che mi scoppia!

Devo trovare un bagno in questo albergo.


E le dannatissime motoslitte sono nel garage! E vanno a benzina! E hanno i cingoli! Ed io...


Ed io ormai sono sveglio porcaccia la miseria!

Devo accendere l'abat-à-jour, ciabattare fino in bagno e non saprò mai chi era Berenice! Cazzo! Ohi! Che lombalgia! Devo aver lasciato cadere la coperta, e ho preso freddo alle reni... Settantotto anni! Che porca età nel 2037! Bah! Non ci avrei scommesso un soldo di cacio... Ah! La prostata, che palle!


§


Nella sala dalla grande vetrata, riscaldata da un maestoso camino acceso, mentre fuori infuria la tormenta di neve, un giovane Prete veglia estatico a braccia aperte su un gruppo di ventisei giovanissimi ragazzi.

Essi sono spaventati. Hanno appena visto dissolversi un loro compagno.


È andato! L'abbiamo perso!”


Ricordate come si chiamava?...”


Era il mio compagno di banco. Non ne ricordo il nome, e non voglio nemmeno sforzarmi a ricordarlo. Non vorrei sparire anch'io proprio come lui, quando si pensa troppo. In fondo, io preferisco stare qui.”


Verdiana vede prendere forma, in un angolo della sala, l'immagine sensuale e muscolosa di Martröð.


Eccolo! Sta arrivando, e ancora una volta è per me!"

E sorride.



FINE